TITOLO IV bis
CAPO I
Art. 36 bis
1. Il presente titolo definisce il programma d’azione obbligatorio per la tutela e il risanamento delle acque dai nitrati di origine agricola e si applica alle zone vulnerabili perimetrate.
2. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, del digestato e delle acque reflue agroalimentari, nonché delle acque di vegetazione e delle sanse umide disciplinata dal presente titolo è finalizzata all'utilizzo delle acque a fini irrigui per il recupero delle sostanze nutritive e ammendanti. (199) Comma così sostituito con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 27.
CAPO II
Art. 36 ter
1. Nelle zone vulnerabili da nitrati si applicano:
c) i criteri generali per l’utilizzazione delle acque reflue agroalimentari di cui all’articolo 28;
e) le disposizioni relative all’accumulo temporaneo di letami di cui all’articolo 27;
Art. 36 quater
2. L’utilizzazione degli effluenti d’allevamento, del digestato (203) Parole aggiunte con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 30.
e l’utilizzo dei concimi azotati e degli ammendanti organici deve essere effettuata nel rispetto del bilancio dell’azoto delle colture e nei periodi compatibili con le esigenze delle stesse. In particolare le quantità impiegate devono tenere conto: a) del reale fabbisogno delle colture;
3. Le tecniche di distribuzione devono inoltre assicurare:
b) l’utilizzazione degli elementi nutritivi in misura elevata, ottenibile con un insieme di buone pratiche che comprendono la somministrazione dei fertilizzanti azotati il più vicino possibile al momento della loro utilizzazione, il frazionamento della dose con il ricorso a più applicazioni ripetute nell’anno e il ricorso a mezzi di spandimento atti a minimizzare le emissioni di azoto in atmosfera;
4. La quantità di effluente di allevamento o di digestato non deve in ogni caso determinare un apporto di azoto superiore a 170 chilogrammi per ettaro e per anno. Il digestato concorre al raggiungimento di tale valore per la sola quota che proviene dalla digestione di effluenti di allevamento. La quota di digestato che proviene dalla digestione di matrici diverse dagli effluenti di allevamenti è conteggiata tra le altre fonti nel bilancio dell’azoto. (207) Comma così sostituito con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 30.
5. Le quantità di cui al comma 4 devono essere determinate come quantitativo medio aziendale, calcolato sulla base dei valori di cui all’allegato 4 del presente regolamento, comprensive delle deiezioni depositate dagli animali quando sono tenuti al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici derivanti dagli effluenti di allevamento di cui al d.lgs.75/2010.
6. Per le aziende di cui all’articolo 36 nonies, comma 2, lettera a), le dosi di effluente di allevamento o di digestato (203) Parole aggiunte con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 30.
applicate e l’eventuale integrazione di fertilizzanti azotati devono essere giustificate dal PUA, da compilare secondo le modalità previste dall’allegato 4 del presente regolamento 7. Il PUA si basa sull’equazione di bilancio fra gli apporti di elementi fertilizzanti azotati e le asportazioni dell’elemento da parte della coltura ed ha validità per un periodo non superiore a cinque anni dalla comunicazione.
8. Oltre alla redazione del PUA, l’impresa deve provvedere alla registrazione delle date di esecuzione degli interventi di fertilizzazione al fine di verificare il rispetto degli obblighi previsti dal presente regolamento.
Art. 36 quinquies
1. L’utilizzazione agronomica dei letami è vietata nei casi di cui all’articolo 24, comma 1.
2. L’utilizzazione agronomica dei letami è altresì vietata su terreni con pendenza media, riferita a un’area aziendale omogenea oggetto di spandimento, superiore al 25 per cento.
3. L’utilizzazione agronomica dei letami e l’utilizzo dei fertilizzanti azotati e degli ammendanti organici è vietata entro:
a) 10 metri dalle sponde dei corpi idrici di cui all’articolo 2, comma 1, lettera x ter) della legge regionale, come individuati dalla Giunta regionale;
b) 25 metri di distanza:
1) dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali, marino – costiere e di transizione, risultanti come corpi idrici tipizzati di cui all’articolo 2, comma 1, lettera x ter) della legge regionale, come individuati dalla Giunta regionale;
2) nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, quali il Padule Diaccia Botrona, il Lago di Burano, la Laguna di Orbetello, il padule di Bolgheri così come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale 15 marzo 2004 n. 231.
4. Nelle fasce di divieto è obbligatoria una copertura vegetale permanente, anche spontanea o tramite coltura intercalare, coltura di copertura, quali catch – crops, sovescio, prato, prato – pascolo, pascolo o normale coltura in rotazione.
5. Le disposizioni di cui al comma 3, lettera a) non si applicano ai canali artificiali a esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi ai corpi idrici naturali, e ai canali arginati.
6. Le distanze dai corpi idrici sono misurate:
a) per i corsi di acqua in senso orizzontale a partire dal piede interno dell’argine o in mancanza di esso dal ciglio di sponda del corso;
b) per le acque marino – costiere e quelle lacuali dall’inizio dell’arenile.
7. L’utilizzo dei concimi azotati e degli ammendanti organici di cui al d.lgs. 75/2010 è vietato nelle ventiquattro ore precedenti l’intervento irriguo, nel caso di irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati.
8. L’utilizzazione agronomica dei letami e dei materiali ad essi assimilati e l’utilizzo dei concimi azotati, degli ammendanti organici, di cui al d.lgs. 75/2010 sono vietati nella stagione autunno – invernale:
a) a partire dal 1° dicembre per novanta giorni;
b) a partire dal 1° novembre per centoventi giorni, per le deiezioni avicunicole essiccate con processo rapido a tenore di sostanza secca superiore al 65 per cento.
10. Per le coltivazioni annuali che vengono seminate o trapiantate nella stagione autunno – invernale, quali quelle orticole, floricole, vivaistiche, cerealicole e generalmente per i seminativi vernini il periodo di divieto di cui al comma 8, può essere anticipato o ritardato fino a un massimo di trenta giorni rispetto al 1° dicembre o al 1° novembre, purché venga rispettato un tempo complessivo di sospensione pari a novanta giorni. La variazione del periodo di divieto deve essere riportata nel piano di concimazione di cui all’articolo 36 septies, comma 1, o nel PUA, di cui all’articolo 23, commi 9 e 10.
11. In presenza di colture ortofloricole in pieno campo, che utilizzano l’azoto in misura significativa anche nella stagione autunno – invernale, è possibile interrompere il divieto di utilizzo dei concimi azotati, di cui al comma 8, nel periodo 1° - 15 dicembre e 15 – 30 gennaio. In tal caso il periodo di sospensione di novanta giorni deve tener conto del numero dei giorni effettivi di interruzione del divieto.
12. Per le coltivazioni protette il periodo di divieto di cui al comma 8 non si applica qualora la somministrazione di letami e dei materiali a essi assimilati, di concimi azotati e degli ammendanti organici di cui al d.lgs. 75/2010 è strettamente correlata al loro fabbisogno.
Art. 36 sexies
1. L’utilizzazione agronomica dei liquami è vietato nei casi di cui all’articolo 24 bis, commi 1 e 5.
2. L’utilizzazione agronomica dei liquami è altresì vietata:
b) entro 10 metri dalle sponde dei corpi idrici tipizzati di cui all’articolo 2, comma 1, lettera x ter), della legge regionale come individuati dalla Giunta regionale;
c) entro 30 metri di distanza:
1) dall’inizio dell’arenile delle acque marino – costiere, lacuali e di transizione risultanti come corpi idrici di cui all’articolo 2, comma 1, lettera x ter) della legge regionale come individuati dalla Giunta regionale;
2) nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, quali il Padule Diaccia Botrona, il Lago di Burano, la Laguna di Orbetello, il padule di Bolgheri così come individuate dalle deliberazione della Giunta regionale 15 marzo 2004, n. 231;
d) entro 50 metri dalle strade statali, regionali, provinciali e dalle abitazioni esterne all’azienda agricola, a eccezione delle superfici nelle zone a prevalente o esclusiva funzione agricola e le relative sottozone qualora il liquame è interrato entro dodici ore dallo spandimento.
3. Nelle fasce di divieto è obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea o tramite coltura intercalare, coltura di copertura, quali catch – crops, sovescio, prato, prato – pascolo, pascolo o normale coltura in rotazione e, ove possibile, è raccomandata la costituzione di siepi o altre superfici boscate.
4. Le disposizioni del comma 2, lettera b) non si applicano ai canali artificiali a esclusivo utilizzo di una o più aziende, purché non connessi ai corpi idrici naturali e ai canali arginati.
5. Le distanze dai corpi idrici sono misurate:
a) per i corsi di acqua in senso orizzontale a partire dal piede interno dell’argine o in mancanza di esso dal ciglio di sponda del corso;
b) per le acque marino-costiere e quelle lacuali dall’ inizio dell’arenile.
6. La distribuzione del liquame nell’ambito della superficie oggetto di spandimento può avvenire per pendenze superiori al 10 per cento fino ad un massimo del 20 per cento rispettando almeno una delle seguenti condizioni:
a) liquame distribuito in almeno due volte con intervallo di tempo superiore a ventiquattro ore su terreni non saturi di umidità utilizzando bassa pressione ed interramento entro le dodici ore dalla distribuzione; questa pratica eseguita generalmente in presemina. Ogni volta non può essere superata la quantità di liquame corrispondente a 100 chilogrammi di azoto per ettaro di superficie interessata dalla distribuzione;
b) su terreni non saturi di acqua, spargimento del liquame a raso in bande o superficiale a bassa pressione almeno in due frazioni con intervallo di tempo superiore a cinque giorni su colture seminative, di secondo raccolto, permanenti o prative; questa pratica è generalmente eseguita in copertura;
c) presenza di terreno inerbito artificialmente o naturalmente e l’assenza di fenomeni di ruscellamento;
d) presenza di sistemazioni idraulico – agrarie e l’assenza di fenomeni di ruscellamento.
7. La distribuzione di liquami tramite mezzi che contemporaneamente li distribuiscono e li interrano permette di utilizzare terreni con pendenze fino al 25 per cento, se sono rispettate almeno una delle condizioni di cui al comma 6, e quando il quantitativo di azoto annuale, comunque non superiore a 170 chilogrammi di azoto per gli effluenti di allevamento, non supera i 210 chilogrammi per ettaro.
8. L’utilizzo dei liquami è altresì vietato nei seguenti periodi:
a) dal 1° dicembre alla fine di febbraio nei terreni con prati, cereali autunno – vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente;
b) dal 1° novembre alla fine di febbraio nei terreni destinati al altre colture.
9. Per le coltivazioni annuali, che vengono seminate o trapiantate nella stagione autunno – invernale, quali quelle orticole, floricole, vivaistiche, cerealicole e per i seminativi vernini, il periodo di divieto di cui al comma 8 può essere anticipato o ritardato a livello aziendale fino a un massimo di trenta giorni rispetto al 1° dicembre o al 1° novembre, se è rispettato un tempo complessivo di sospensione pari, rispettivamente, a novanta e centoventi giorni. La variazione del periodo di divieto deve essere riportata nel piano di concimazione di cui all’articolo 36 septies, comma 1, o nel PUA di cui all’articolo 23, commi 9 e 10.
10. Per le coltivazioni protette, qualora la somministrazione di liquami è strettamente correlata al loro fabbisogno, il periodo di divieto di cui al comma 8 non si applica.
Art. 36 septies
1. Le imprese agricole che non devono presentare il PUA, devono determinare le quantità di azoto da distribuire alle singole colture praticate in azienda elaborando, secondo le modalità di cui all’allegato 4, capo 1, del presente regolamento, un piano di concimazione, che deve essere conservato in azienda. Oltre al piano di concimazione l’impresa deve registrare le date di esecuzione degli interventi di fertilizzazione, le quantità distribuite e la tipologia di fertilizzante utilizzata per ciascun intervento (209) Parole così sostituite con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 32.
, al fine di verificare il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo. 2. La predisposizione del piano di concimazione è obbligatoria per coloro che conducono a qualsiasi titolo una superficie complessiva superiore a 2.000 metri quadrati per colture in pieno campo e arboree e a 200 metri quadrati in coltura protetta, anche nel caso di utilizzo di azoto organico da effluenti di allevamento. Il piano di concimazione non deve essere predisposto se la coltura in campo non prevede l’esecuzione di alcuna concimazione. (210) Parole aggiunte con d.p.g.r. 11 gennaio 2018, n. 3/R, art. 32.
3. Per ridurre al minimo le perdite d’azoto per lisciviazione e ottimizzare l’efficienza della concimazione, è necessario distribuire l’azoto nelle fasi di maggiore necessità delle colture, favorendo il frazionamento del quantitativo totale in più distribuzioni.
4. Le concimazioni azotate devono essere eseguite in generale in presenza della coltura; possono essere eseguite in presemina o al momento delle semina purché:
a) sia limitato al massimo il periodo intercorrente tra fertilizzazione e semina;
b) la somministrazione di azoto eseguita per le colture autunno – vernine non è superiore al 30 per cento del quantitativo di azoto complessivamente necessario alla coltura.
5. Non sono ammessi apporti in un’unica soluzione superiori al 60 per cento del quantitativo di azoto necessario alla coltura, calcolati secondo le modalità previste nell’allegato 4, capo 1 del presente regolamento. E’ consentita la somministrazione in un’unica soluzione delle quantità di azoto necessarie alla coltura, calcolate secondo le modalità previste all’allegato 4, capo 1 del presente regolamento, quando queste risultano inferiori a 50 chilogrammi di azoto per ettaro.
6. Per le colture primaverili – estive non sono ammessi apporti in un’unica soluzione superiori a 100 chilogrammi di azoto per ettaro. Il presente comma non si applica alle colture che presentano fabbisogni in azoto per ettaro superiori a 170 chilogrammi.
Art. 36 octies
1. Nelle zone vulnerabili di nuova perimetrazione l’adeguamento dei contenitori dello stoccaggio deve essere effettuato entro due anni dalla data di perimetrazione.
Art. 36 nonies
a) le imprese con produzione o utilizzazione di azoto superiore a 3.000 chilogrammi di azoto per anno da effluenti di allevamento devono presentare la comunicazione avente il contenuto di cui all’allegato 4, capo 5, comma 1, del presente regolamento unitamente al PUA di cui all’articolo 36 quater, commi 6 e 7;
b) le imprese con produzione o utilizzazione di azoto superiore o uguale a 600 chilogrammi e inferiore o uguale a 3.000 chilogrammi di azoto per anno da effluenti di allevamento devono presentare solo la comunicazione semplificata avente il contenuto rispettivamente di cui all’allegato 4, capo 5, comma 2 o 3 del presente regolamento;
c) le imprese con produzione o utilizzazione inferiore a 600 chilogrammi di azoto per anno da effluenti di allevamento sono esonerate dalla presentazione della comunicazione.
a) dall’utilizzatore al comune in cui ricadono i siti di spandimento, indicando la provenienza dell’effluente di allevamento utilizzato;
b) dal produttore al comune in cui ricade il centro aziendale, per le sole attività relative alla produzione di effluenti di allevamento.
4. Per la comunicazione relativa all’utilizzazione agronomica delle acque reflue agroalimentari si applicano le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 5.
Art. 36 decies
2. Il piano di controllo prevede sopralluoghi nelle imprese che sono tenute alla presentazione del PUA o della comunicazione, prendendo in considerazione i seguenti elementi:
a) effettiva utilizzazione di tutta la superficie a disposizione indicata nel PUA;
b) presenza delle colture indicate;
c) rispondenza dei mezzi e delle modalità di spandimento dichiarate.
3. L’attività di controllo, in base al piano predisposto dalla Regione, deve tenere conto di tutte le tipologie di impresa presenti all’interno delle zone vulnerabili individuate dalla Regione, indipendentemente dalla tipologia di azoto utilizzato.
4. Ai fini della verifica della concentrazione di nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e della valutazione dello stato trofico delle acque lacustri, di transizione, marino – costiere, la Regione, sulla base di un programma di monitoraggio, effettua i controlli in stazioni di campionamento rappresentative delle acque superficiali interne, delle acque sotterranee e delle acque estuarine e costiere.
5. La frequenza dei controlli deve garantire l’acquisizione di dati sufficienti a evidenziare la tendenza della concentrazione dei nitrati, al fine della designazione di ulteriori zone vulnerabili e della valutazione dell’efficacia del programma d’azione obbligatorio per le zone vulnerabili, contenuto nelle disposizioni del presente regolamento.
6. Le informazioni sullo stato di attuazione del programma d’azione obbligatorio per le zone vulnerabili contenuto nelle disposizioni del presente regolamento sono trasmesse al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le modalità e le scadenza temporali di cui alle schede 27, 27 bis, 28, 29, 30 e 31 del decreto ministeriale 18 settembre 2002 (Modalità di informazione sullo stato di qualità delle acque, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152).